Musubi e Michibiki

M

A cura del M° Carlo Caprino

Nel corso del meeting annuale tenuto ad Osimo a metà settembre, Francesco Corallini Sensei ha incentrato una delle sessioni da lui dirette sulla spiegazione teorica e la dimostrazione pratica di due principi essenziali nell’Aikido (e non solo!), ovvero Musubi e Michibiki.

Diciamo subito che quanto seguirà non è un riassunto della lezione di Francesco Sensei, ma visto il grande interesse suscitato nei presenti sul tatami e la opportunità – in primis per il sottoscritto – di approfondire gli argomenti illustrati, ci saranno frequenti richiami a quanto spiegato durante il seminario.

Cominciamo così come è iniziata la spiegazione di Francesco Sensei, ovvero proponendo la citazione di una frase di O’Sensei Ueshiba Morihei, che affermava in un suo kuden: “Suu iki de musubu, haku iki de michibiku” che potremmo tradurre come: “Connettiti con Uke mentre inspiri, guidalo/conducilo mentre espiri“. Come per gli altri kuden del Fondatore, in una unica frase abbiamo condensate tanto indicazioni pratiche che significati simbolici, e pur consapevoli che nei limiti di mezzi e di spazio imposti da un articolo non si possa dire molto, proviamo comunque a suggerire alcuni spunti di riflessione.

Partiamo, come sempre facciamo, dai kanji con cui il kuden è scritto, ovvero: 吸う息で結ぶ 吐く息で導く, dove – tra gli altri – troviamo i due caratteri che richiamano l’argomento del presente articolo, ovvero “musubi” 結び e “michibiki” 導き, premettendo che un altro fondamentale elemento citato in questo kuden, ovvero l’atto della respirazione, rappresentato nelle due fasi  “Suu iki” (inspirazione) e “haku iki” (espirazione) ci porta dritto al kokyu, a cui però dedicheremo un prossimo articolo.

Musubi, unire e legare

 Il termine “musubi“, scritto con i caratteri 結び appare per la prima volta nel 759 d.C. all’interno del Man’yōshū, che è la più antica raccolta esistente di waka, poesie scritte in giapponese antico, compilata durante il periodo Nara. Il titolo dell’opera si può tradurre letteralmente come “Raccolta di diecimila foglie”, ma il significato preciso non è accertato con sicurezza.

Musubi” è la forma continuativa del verbo “musubu”  結むすぶ e può esprimere diversi concetti, tra i quali un legame fisico come quello di un nodo, di un fiocco o di una cravatta, oppure un legame simbolico o emotivo, come quello di una parentela, di un rapporto sentimentale o di amicizia, ma in questo contesto si riferisce alla connessione a livello fisico, emotivo e spirituale che si realizza tra i due partner che eseguono una tecnica di Aikido, sia di tai jutsu che con le armi, come è ben evidenziato fin dal nome nell’esercizio del “Ki musubi no tachi” compreso nel curriculum tecnico dello Aiki-ken.

Ulteriori suggerimenti di riflessione ci possono giungere dall’originale carattere cinese 結, che si legge “jié” in mandarino e “git” in cantonese, che risulta un composto di due radicali, il primo 糸con valore semantico ed il secondo 吉 con valore fonetico. Approfondendo l’analisi, vediamo che il primo carattere con valore semantico è un pittogramma che rappresenta l’immagine di un rocchetto di sottile filo di seta, che si pronuncia “” in cinese mandarino e “mik” in cantonese, mentre il secondo carattere esprime il concetto di qualcosa di fortunato o di buon auspicio, ottenuto a sua volta dall’unione dei pittogrammi rappresentanti un’ascia sacrificale士sovrapposta ad una bocca aperta口, forse in riferimento ai riti effettuati per ottenere la gratitudine degli antenati e delle divinità.

Nel suo complesso, il carattere sembra avere origine etimologica da un termine proto-sino-tibetano con il significato di legare o annodare, all’origine anche del termine tibetano ཁྱིག  “khyig” con lo stesso significato, ed al quasi omofono birmano ကျစ်  “kyac” con il significato di torcere, che ci riporta alla preparazione dei fili di seta.

Nel kuden del Fondatore possiamo leggere l’invito (o la necessità) di legarci e collegarci al nostro partner – quasi come se ne respirassimo lo spirito – quale condizione necessaria – anche se non sufficiente! – per poter eseguire in maniera efficace la tecnica. Attenzione però a non cadere nella trappola della reductio ad unum, pensando al solo risultato pratico! Come spesso ricorda Paolo Corallini Shihan, “in matematica uno più uno fa due, un Aikido uno più uno fa uno”, allora in questa inspirazione dobbiamo vedere una sorta di identificazione in cui la dualità viene risolta in una unione che trasforma uno scontro in un incontro ed un confronto frontale in una identità di vedute in cui “si respira la stessa aria”, come ben esemplificato nell’esercizio del katatedori tai no henko, che non casualmente apre tutte le sessioni di pratica di Takemusu Aikido nella pedagogia di Saito Morihiro Shihan.

Michibiki, condurre e guidare

Altrettanto interessante è il risultato della esplorazione di michibiki 導く, sostantivo derivato dal verbo michibiku, che nel nostro caso usiamo col significato di  condurre o guidare qualcuno, probabilmente formato dalla unione del noto carattere 道 michi, nel significato di “via, percorso, direzione” posto superiormente a 引くhiku con il significato di trainare o tirare, ottenendo quindi il significato letterale di tirare qualcuno o qualcosa lungo un sentiero e per estensione di condurre o guidare.

Non ci addentriamo qui nella analisi del carattere  道, ben noto ai praticanti di Aikido ed in genere a chi abbia una qualche familiarità con le Arti marziali giapponesi, ci limitiamo quindi a notare che troviamo in questo termine lo stesso significato dell’inglese leader o dell’italiano condottiero, con cui indichiamo chi si pone alla testa di un gruppo di persone guidandolo più con la forza dell’esempio pratico che con l’ausilio di parole o discorsi retorici.

Ecco quindi che, continuando in questa analogia, Tori non controlla Uke utilizzando la mera forza bruta ma piuttosto armonizzandosi con la sua energia, la sua spinta e la sua intenzione, che guiderà poi ad un epilogo che non comporti sopraffazione,come viene esemplarmente evidenziato nella esecuzione del morote-dori kokyu-ho, che sempre non casualmente segue il già citato tai-no henko nella apertura delle sessioni di pratica di tai jutsu del Takemusu Aikido.

.Appare appena il caso di ribadire che questo non significa cedere alla altrui arroganza subendo l’iniziativa altrui, tanto che non è un caso che Paolo Corallini Shihan ricordi spesso che nei due libri scritti dal Fondatore è più volte ribadito che è Tori a prendere l’iniziativa per dare inizio a una tecnica, senza che questo si configuri però come un attacco.

In altre e semplici parole, possiamo vedere in questo termine l’immagine di un abile marinaio che nel corso di una tempesta sappia condurre in un porto sicuro la barca su cui ha la ventura di trovasi, senza farsi travolgere dalla forza del vento e delle onde ma sfruttando la loro energia per giungere a destinazione sano e salvo.

Unire il separato

Volendo ridurre in una unica parola l’insegnamento del Fondatore, potremmo allora usare il termine “condurre”, la cui etimologia richiama chiaramente il significato di “guidare insieme”, ed è interessante riportare in proposito quanto nota Ottorino Pianigiani nel suo famoso vocabolario etimologico della lingua italiana: “Il verbo Condurre differisce da Guidare o Menare, perocché il primo include a preferenza l’idea di avere in compagnia persona per andare da un luogo all’altro; Guidare è dirigere chi è malpratico del cammino che deve tenere, Menare vale guidare quasi con mano, cioè, assistere camminando la persona che è in compagnia: e quindi si conduce al teatro un amico, si guida un cieco, un armento, si mena un bambino a spasso“.

Tornano ancora una volta al kuden di O’Sensei Ueshiba Morihei, potremmo così dire che inspirando annulliamo le due individualità in confitto unendole (musubi)in una unità armonizzata, che con la espirazione può essere diritta (michibiki) verso una meta di comune interesse.

Affinità e assonanze

Concludiamo come abbiamo cominciato, ovvero citando quanto spiegato da Francesco Corallini Sensei nel corso del meeting annuale tenuto ad Osimo a metà settembre, e lo facciamo proponendo alcune delle analogie da lui evidenziate con i due termini oggetto di queste riflessioni.

Così, musubi e la inspirazione (suu iki) sono in relazione con il concetto dello Yin cinese e dell’equivalente In giapponese, oltre che con i principi di kuzushi (squilibrio) e tsukuri (preparazione) ben noti agli judoka; mentre michibiki e la espirazione (haku iki) sono ovviamente in relazione con il concetto dello Yang cinese e dell’equivalente Yo giapponese, oltre che con il principio judoistico del kake (proiezione).

Ovviamente quanto abbiamo esposto è solo la punta dell’iceberg di concetti tanto complessi quanto variegati che, come ben evidenziato nello stage di Osimo da Francesco Sensei, non possono passare solo una mera speculazione intellettuale ma necessitano di una attenta e costante pratica fisica per essere compresi, nel pieno significato etimologico del termine.

By admintaai

Prossimi Seminari