“Ikkyo issho, irimi nage san nen”

&

(Ikkyo una vita, iriminage tre anni)

A cura del M° Carlo Caprino

Se volessimo stilare una classifica dei kuden più citati, certamente questo sarebbe nella top ten, e probabilmente sul podio. Si tratta di un insegnamento apparentemente semplice ma al limite del paradosso, che non richiede – e forse non permette – spiegazioni troppo razionali ed arzigogolate.

A differenza quindi di quanto viene generalmente riportato, lo traduciamo letteralmente accompagnandolo da una modesta riflessione personale, lasciando ai lettori il piacere di meditare sulle tante implicazioni recondite che una simile frase può contenere.

Quello che appare evidente è che in questo kuden sono citate due dei principi fondamentali dell’Aikido, che possiamo ritenere emblematici l’uno – ikkyo – delle katame waza (tecniche di controllo) e l’altro – iriminage – delle nage waza (tecniche di proiezione), comprendendo di fatto  tutto il curriculum tecnico dell’Arte di Ueshiba Morihei. Altra evidenza è che sono citati due periodi di tempo; l’uno ben definito in termini di quantità (san nen: tre anni), l’altro un po’ più vago ma chiaramente evocativo (issho: una vita, l’intera esistenza).

La particolarità della lingua nipponica si presta ad ambiguità ed incertezze, e così in tanti hanno cercato di interpretare la sequenza temporale: prima i tre anni dell’iriminage e poi una vita intera per ikkyo? Oppure i due percorsi viaggiano insieme sia pure con traguardi diversi? O – infine – in una sorta di apparente paradosso, i tre anni dedicati a iriminage dovrebbero arrivare dopo una esistenza dedicata all’ikkyo? Ciascuno potrà darsi la risposta che preferisce, razionale o immaginifica che sia, di certo qui ritroviamo i concetti di tempo che migliaia di anni fa i Greci definirono come “Chronos” (χρόνος) e “Kairos” (καιρόςe), l’uno il tempo cronologico e sequenziale segnato dalla rotazione delle lancette di un orologio, l’altro “un tempo nel mezzo”, un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade, situazione che per certi aspetti corrisponde all’istante in cui si realizza il “Katsuhayabi”, quella “fulminea vittoria” su sé stessi citata da un altrettanto famoso kuden del Fondatore.

Probabilmente non sapremo mai con certezza quale fosse per O’Sensei il significato preciso di questo kuden, di certo possiamo dire che viene sottolineata l’importanza dei principi che si studiano all’inizio della pratica: ikkyo e iriminage – nel programma didattico elaborato da Saito Morihiro Shihan – si cominciano a studiare al livello di gokyu, ma sbaglia chi crede siano riservati ai principianti, al contrario sono tra i principi fondamentali dell’Aikido, senza la cui conoscenza non si può pensare di progredire nella pratica che ci vedrà  impegnati a studiarli ed approfondirli nelle loro varie applicazioni.

Un’ultima notazione vogliamo riservarla ai caratteri ideogrammatici di questo kuden, ed in particolare a 生  (sho: vita, esistenza) e 年 (nen: anno), che anche graficamente mostrano similitudini e differenze che ci piace pensare non siano casuali ed abbiano quindi avuto una parte nella scelta di impiegarli da parte di Ueshiba Morihei.

Il carattere 生  è un composto ideogrammatico di屮, con il significato di “germoglio ”, e  一, che in questo caso non indica il numero uno ma la terra, intesa come suolo da coltivare, con il risultato complessivo di “germogliare dalla terra”, che in società fortemente incentrate sulla agricoltura come la cinese prima e la giapponese poi, esprime come meglio non si potrebbe il significato di vita, esistenza (ma anche di puro, naturale, non sofisticato, originale).

A ulteriore conferma della importanza del concetto, condiviso con altre popolazioni della stessa area geografica, alcuni studiosi ipotizzano che il termine derivi dal proto-sino-tibetano s-riŋ oppure sr(j)aŋ, che ha tra i vari significati quelli di “vivere, essere vivo, partorire, crudo, verde”, e che a sua volta discenderebbe dalla radice *sri  con il significato di “esistere”, che sarebbe anche all’origine del cinese (tradizionale 體 e semplificato 体) e del giapponese tai, che ha tra i vari significati quelli di “corpo, forma, sostanza”.

Ulteriori assonanze ci portano al birmano hrang (ရှင်) con il significato di “vivere, vivo”, ed in parallelo al termine hring, che nella lingua Mizo (lingua tibeto-birmana parlata principalmente nello stato indiano del Mizoram, dove è lingua ufficiale e lingua franca) significa “portare; produrre; dare alla luce; verde”.

Troviamo un riferimento alla agricoltura anche nel carattere 年 (nen: anno), che in Cina, nella scrittura oracolare in osso e nelle prime iscrizioni in bronzo, era originariamente秂, un composto ideogrammatico e fono-semantico ottenuto dalla unione di 禾 () con il significato di “grano, cereale” e valore semantico, accoppiato al pittogramma 人 che rappresenta un uomo, che oggi in Cina si pronuncia rén ma nell’antichità njin, con il significato complessivo di rappresentare una persona che trasporta un covone di spighe di cereali sulla schiena e – per estensione – il momento della mietitura, operazione che veniva appunto compiuta una volta l’anno.

Nota a margine che interesserà i curiosi; anche se – come detto – 年è il termine generico per significare l’anno, quando si indicano gli anni di età, questi sono tipicamente espressi con il carattere 岁 (suì), semplificazione del tradizionale 歲 che richiama un sistema di conteggio cronologico basato sul periodo orbitale duodecennale di Giove. Le età indicate con歲/岁 sono tradizionalmente calcolate utilizzando il calendario lunare cinese, iniziando da 1 al momento della nascita e aumentando non durante i compleanni ma durante il Capodanno cinese.

E a proposito di date, concludiamo questa dissertazione con un argomento sempre collegato al conteggio del tempo ed in particolare alla indicazione delle date. In Giappone – in particolare nei campi in cui è più incisiva l’influenza occidentale, come nel caso delle transazioni di affari –  il formato standard della data è quello di anno/mese/giorno, e quindi il 13 giugno 2024 verrebbe indicato come 2024/06/13. Per maggiore chiarezza, dopo i numeri vengono a volte inseriti anche i caratteri giapponesi che significano “anno”, “mese” e “giorno”, ottenendo quindi ad esempio 2024年6 月13 日, con i più attenti che avranno notato che “mese” e “giorno” sono indicati rispettivamente con i caratteri che indicano anche “luna” e “sole”, ad ulteriore conferma di quanto l’osservazione dei fenomeni naturali sia alla base di analogie e astrazioni simboliche, che in questo caso collegano la durata temporale del giorno e del mese allo svolgersi dei cicli solare e lunare.

Osservando diplomi, certificati e tessere di club associativi, a tanti di noi però  sarà però capitato di chiederci il motivo delle differente indicazione dell’anno, rispetto a quello sopra descritto. Il motivo di questa difformità è dovuto al fatto che il calendario giapponese identifica un’era cronologica con la durata del regno di un imperatore. L’attuale imperatore Naruhito è salito al trono il primo maggio 2019 succedendo all’imperatore Akihito suo padre, che aveva abdicato il giorno precedente. Il 2019 è quindi diventato il primo anno dell’era Reiwa (令和). L’anno 2024 corrisponde quindi all’anno 令和 6 Reiwa del calendario giapponese.

Il primo anno di un’era viene denominato gennen (元年), comincia il giorno dell’insediamento del nuovo imperatore e termina normalmente alla fine dell’anno, il 31 dicembre; mentre l’ultimo anno di un’era comincia il 1º gennaio e termina il giorno della morte o dell’abdicazione dell’imperatore in carica e quindi solitamente il primo e l’ultimo anno di ogni era sono generalmente più corti degli altri.

Per convertire la data espressa con le ere in quella occidentale basta quindi prendere il primo anno dell’era, aggiungere il numero dell’anno giapponese e togliere uno. Ad esempio l’anno 16 dell’era Heisei corrisponde a 1989 + 16 -1 = 2004 mentre se volessimo indicare l’anno 2028 nel modo tradizionale dovremmo calcolare 2028 + 1 – 2019 (inizio dell’era Reiwa) = 10.

Per calcolare gli anni corrispondenti alle ere precedenti basterà quindi adottare il metodo appena visto, tenendo sempre presente i giorni in cui le singole ere hanno avuto inizio e fine, ovvero:

era明治Meiji dal 08/09/1868 al 29/07/1912; era 大正 Taisho dal 30/07/1912 al 24/12/1926; era 昭和Showa dal 25/12/1926 al 07/01/1989; era 平成 Heisei dal 08/01/1989 al 30/04/2019.

Con questa ampia digressione ispirata al calcolo delle date in Giappone si conclude questo articolo, non prima – ovviamente – di aver ribadito che qualche che sia la nostra interpretazione del kuden oggetto delle nostre riflessioni, non basterà comunque una vita a comprendere appieno le infinite sfaccettature di iriminage e di ikkyo.

By admintaai

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